Non si elimina l’incertezza, si negozia con essa!

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Si è chiusa da poco  la didattica a distanza, che ha messo a dura prova i docenti.

A inseguire i ragazzi all’ interno della loro vita privata, dentro le proprie case,  a postare, fare video, lezioni in streaming sempre con l’assillo del dubbio: “Staranno mica facendo screenshot per poi farmi i meme nei loro gruppi whatsapp?”

Sul tema della didattica a distanza si è molto dibattuto e, come sempre, abbiamo gli apocalittici e gli integrati.

Sicuramente tante sono le negatività, ma altrettante le positività. Sarebbe bello se un giorno, quando tutto questo sarà finito, sapessimo tutti far tesoro di queste cose belle che abbiamo trovato e che troveremo nella didattica a distanza, per portarcele in tasca e saperle mettere anche quando, finalmente, tornerà la “nostra” amata presenza.

A scuola, per quanto  ci si sforzi di creare un ambiente pulito, decontaminato dall’ansia da prestazione, la paura percorre i ragazzi come un virus: paura di sbagliare, di prendere un brutto voto, di fare brutta figura con gli altri.

Con la didattica a distanza  è diverso, la paura non c’è più. Non si sentono costantemente sotto il riflettore del giudizio altrui, e quindi liberano il campo da tutta una montagna di sentimenti negativi che spesso sono l’ostacolo più grande, quando siamo lì tutti insieme.

Per quanto paradossale possa sembrare, ma quando sei in classe con tanti di loro,  spesso non è umanamente possibile dedicare tutte le attenzioni solo a uno, o almeno non per più di dieci m, massimo dodici secondi, perché altrimenti alle tue spalle potrebbe scatenarsi l’ inferno.

Invece così, con l’invio di materiale, le correzioni, si riesce  a dedicarsi di più al singolo, a vedere anche meglio le sue difficoltà, quelle solo sue, e quindi ad aiutarlo a individuare le strategie per superarle.

Cerchiamo di guardare insomma la parte piena del bicchiere e troviamo e attiviamo  un grado di coinvolgimento nuovo, di certo “Non si elimina l’incertezza, si negozia con essa”, a dirlo è Morin.

 Il sociologo francese si rivolge  a quelli che ” vivono bene” l’insegnare come il loro modo di ” essere bene” ovvero come passione, perché il tentativo di insegnare nell’incertezza è un atto erotico, temerario, incurante del rischio, perché ” non si elimina l’incertezza, si negozia con essa“, in vista di una ” metamorfosi ” che supera ogni riforma e ogni situazione, anche quella del Covid19.

Prof.ssa Maria Gentile

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